Era una grande decisione. Tornare ad andare regolarmente in piscina voleva dire tante cose. Prima di tutto era una importante conferma che io non ero più malata.
Piccolo passo indietro.
Anche se il mio stile non è perfetto, mi piace nuotare. Il ritmo regolare delle bracciate ed essere immersa nell’elemento principe della vita, l’acqua, mi porta, senza nemmeno che me ne renda conto, in uno stato di rilassatezza che sfiora la meditazione.
La mia mente vaga e trova ispirazioni, idee, soluzioni.
Ma i dolori esplosi l’anno scorso mi avevano obbligato a rinunciare. Non parliamo poi di quando mi diagnosticarono l’artrite reumatoide.
Sono passati diversi mesi da allora e sono in via di guarigione grazie ad un mix molto “quantico” di farmaci classici e di lavoro sulle mie credenze e i miei programmi mentali.
So che sto guarendo, ma a volte le nostre “nuove credenze” hanno bisogno di prove tangibili, di risultati.
Quale miglior azione pratica, a conferma che stavo meglio, di ritornare ad andare in piscina? Con le debite precauzioni, ovvio, ma iscrivermi di nuovo avrebbe fornito un buon puntello alla mia fiducia nella guarigione.
Quindi un paio di settimane fa ho tirato fuori la vecchia e cara sacca e ho controllato che ci fosse tutto, la cuffia, gli occhialini, lo shampo, e ci ho aggiunto tutto il resto. Ho controllato la mia agenda e ho deciso quali erano le due mattinate settimanali che andavano meglio. Ho iniziato ad organizzarmi spostando le sessioni di coaching con i miei clienti in modo da liberarmi per quelle due mattinate.
Ed è arrivato il gran giorno.
Mi sono alzata all’orario previsto ed ho iniziato ad affrontare le varie mansioni che caratterizzano l’inizio delle mie mattine (tipo portare a fare la loro passeggiata mattutina i miei due cani, dare da mangiare ai gatti etc…)
Ad un certo punto mi sono resa conto di una cosa strana: ero in netto ritardo sulla mia tabella di marcia. Così in ritardo che una certa vocina ha cominciato a dirmi “Forse è troppo tardi, proprio il giorno che ricominci, che fai? Fai tutto di corsa per tornare in tempo a casa così non ti godi nulla?”
STOP! Ferma tutto! Che succede?
Non ci ho messo molto a capire che il mio meraviglioso cervello rettiliano si era messo all’opera.
Come? Prova a pensarci anche tu che stai leggendo. Il nostro cervello rettiliano odia i cambiamenti, non sopporta proprio di uscire dalla sua comfort zone, anche se fosse diventata una zona non particolarmente piacevole. Qualunque sia l’abitudine di vita che si instaura, felice o dolorosa che sia, dopo un po’ il nostro cervello rettiliano si “adatta”, ci si crea una specie di cuccia e non vuole muoversi da lì.
Era successo anche a me col nuoto. Semplicemente l’abitudine ad andare in piscina era stata sostituita dall’abitudine a non andarci, da lì la resistenza esercitata senza che io me ne rendessi conto, per boicottare sul nascere la mia decisione di uscire dalla “comfort zone senza piscina” per andare nella “comfort zone con piscina”.
Il passaggio fra le due situazioni è possibile grazie alla brain plasticity (di cui parleremo nei prossimi articoli) anche se comporta un “momento di transizione” nella quale il nostro cervello sta usando ancora la vecchia abitudine (non andare in piscina) e non ha ancora abbastanza confidenza con quella nuova (andare in piscina).
Così come un vecchio amico pantofolaio fa un po’ di resistenza quando lo tiriamo via dalla sua amata poltrona per farlo uscire con noi (recalcitra, ma alla fine è contento di averlo fatto) anche il mio cervello rettiliano ha fatto un po’ di resistenza all’idea di andare in piscina.
A distanza di due settimane la nuova e bellissima abitudine di andare in piscina ha già ampliamente surclassato la vecchia abitudine e il mio cervello rettiliano non fa più resistenza, anzi, mi aiuta a trovare tutto ciò che mi serve per preparare la sacca. Anche lui oggi apprezza il nuoto, anzi, in piscina si è costruito una nuova abitudine!
E se avessi ascoltato quella vocina? Mi sarei arresa al “falso ritardo” e avrei rimandato, procrastinando a data da definire, avrei perso la mia sfida.
È importante invece accettarle le sfide, nonostante la resistenza rettiliana e il perchè lo scrivo anche in questo articolo