È possibile meditare nella nostra società?
Il titolo di questo articolo vuole essere provocatorio: come si può infatti associare il concetto meditazione alla parola corsa? D’altra parte è meglio se ce ne facciamo una ragione: per quanto uno di noi voglia entrare in contatto con il mondo della meditazione dobbiamo accettare che per un occidentale e per un orientale, l’approccio sarà diverso.
Le popolazioni orientali praticano la meditazione, anzi, le meditazioni, visto che ce ne sono di tanti tipi, da talmente tanti secoli che per loro è qualcosa si innato e naturale.
Noi occidentali siamo più pragmatici e ci siamo avvicinati alla meditazione pochi decenni fa, spesso più per moda, anche se a volte intimamente spinti dal desiderio di trovare qualcosa in grado di superare le barriere di questa vita frenetica e che ci permettesse di entrare davvero in contatto col nostro essere più profondo.
L’incontro fra le due culture, sul perché della meditazione, avvenne negli anni ‘90, grazie a due persone che stimo molto, l’attuale Dalai Lama e Daniel Goleman, psicologo e scrittore del famoso libro Intelligenza Emotiva. La cosa abbastanza buffa è che gli occidentali cercavano prove scientifiche che la meditazione funzionasse davvero, mentre gli orientali non si erano mai chiesti questi perché, visto che la praticavano da così tanto tempo da saperlo, senza bisogno di prove, che funzionava.
Ma noi occidentali siamo così di corsa che abbiamo bisogno di prove tangibili, novelli San Tommaso che vuole infilare il dito nella piaga di Cristo Risorto, per credere che possa essere utile “rubare” qualche minuto della nostra impegnatissima vita per meditare.
Le prove sono arrivate e continuano ad arrivare. La meditazione, dati scientifici alla mano, era in grado di provocare modificazioni misurabili nel nostro cervello, dando il via a diverse applicazioni anche nel nostro mondo in costante accelerazione. .
Ormai in molti ospedali per esempio, si pratica la meditazione per alleviare il dolore o per aiutare i malati ad affrontare più serenamente certi momenti.
Restano però ancora molte resistenze nei confronti del beneficio quotidiano che la meditazione darebbe alla vita di tutte le persone, malate e sane, giovani e anziane, di ogni fede e religione, “solo” in nome del fatto che ci permetterebbe di focalizzaci, anche per pochi minuti al giorno, su qualcosa di così essenziale come noi stessi.
Forse questo non è tanto dovuto alla nostra vicinanza o lontananza culturale dalla pratica della meditazione, ma dalla nostra abitudine a focalizzarci costantemente fuori da noi stessi.
Prova a pensarci anche solo qualche minuto: negli ultimi giorni quanto tempo hai passato con la tua attenzione indirizzata fuori di te (lavoro, traffico, impegni, figli, famiglia, amici, televisione, giornali, spese, shopping, mangiare….) e quanto tempo invece dimenticandoti il rumore esterno e guardando dentro di te, verso il tuo essere profondo, silenziando il resto ed ascoltando la tua voce vera?
E anche quando decidiamo (normalmente in un momento di sofferenza e di confusione) di avvicinarci alla meditazione, spesso non sappiamo come farla o cosa scegliere. Leggiamo decine di articoli in internet che forse ci lasciano più confusi di prima. Perché anche in questo caso cerchiamo “fuori” qualcosa che è già “dentro” di noi.
Il consiglio pratico di EnergeticaMenteAutostima?
Non datevi aspettative troppo alte, anzi, non datevene proprio. Scegliete la tecnica che più vi ispira (sono un po’ diverse, ma l’obiettivo è fondamentalmente lo stesso: concentrarti sul tuo mondo interiore, lasciando fuori tutto il resto) e…
incominciate a fare. Ogni giorno. Per almeno 1 mese. Senza scuse per saltare quel giorno.
Dall’abitudine arriverà presto un benessere e una serenità e una lucidità che andranno ben oltre le vostre aspettative, e che vi renderanno “dipendenti” dalla meditazione. Una dipendenza meravigliosa!!!!